NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     La Benvegnuda così fece. Michele s'andò con Dio, e sul Rialto trovato Noddo che scoppiava di risa, dice: - Ov'è Benci?
     Dice Noddo: - È ito a casa a far trarre il ventre della bisaccia, e metterlo in una pentola a fuoco, perché se avesse manco di cotto, che si cuoca; e dissemi, quando fosse ora, noi andassimo là a cena. - E così feciono: ché su l'ora della cena Noddo e Michele con la maggior festa del mondo, andarono a manicare il detto ventre, aspettando la gran festa che doveano avere di questa novella.
     Dall'altra parte la brigata che avea comperato il ventre, s'avviano andare a cena. Dicea Piero per la via: - Io ho avuto voglia d'un ventre ben un anno, e non m'è venuto fatto d'averlo.
     Dice il Tosco: - Altrettal te la dico.
     Dice Giovanni: - Stasera ce ne caveremo la voglia; - e così ragionando, giunsono a casa: - O Benvegnuda, fa' che noi ceniamo.

     Data l'acqua alle mani, si posano a tavola. La Benvegnuda avea subito fatta la suppa, come si fa, con le spezie e tutto; e caccia il manico del ramaiolo nella pentola, trae fuori, e mette in uno catino sì subito, che avveduta non si fu di quello che era; ma subito porta a tavola quello e la suppa; e costoro cominciano a manoinettere la suppa, e manicando truovano i taglieri, e fatto venire dell'aceto, e tutti scoperto il catino, e prese le coltella per tagliare un pezzo del ventre, mena il coltello, partire non si potea, e stettono buon pezzo. Alla per fine dice uno:
     - O che è cotesto?
     Dice l'altro: - Non so io, piglialo, e tiralo su.
     - Buon buono, o che diavolo è questo? a me par'egli una cappellina.


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