NOVELLE ITALIANE DALLE ORIGINI AL CINQUECENTO


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     La fante, dentro tornatasi, se n'andò a dormire.
     La donna allora disse al suo amante: - Ben, che dirai? credi tu che io, se quel ben gli volessi che tu temi, sofferissi che egli stesse là giù ad agghiacciare? - e questo detto, con l'amante suo, che già in parte era contento, se n'andò a letto, e grandissima pezza stettero in festa e in piacere, del misero iscolare ridendosi a faccendosi beffe.
     Lo scolare, andando per la corte, sé esercitava per riscaldarsi, né aveva dove porsi a sedere né dove fuggire il sereno, e maladiceva la lunga dimora del fratel con la donna; e ciò che udiva credeva che uscio fosse che per lui dalla donna s'aprisse; ma invano sperava.
     Essa infino vicino della mezzanotte col suo amante sollazzatasi, gli disse: - Che ti pare, anima mia, dello scolare nostro? qual ti par maggiore o il suo senno o l'amore ch'io gli porto? faratti il freddo che io gli fo patire uscir del petto quello che per li miei motti vi t'entrò l'altrieri?

     L'amante rispuose: - Cuor del corpo mio, sì, assai conosco che così come tu se' il bene mio e il mio, riposo e il mio diletto e tutta la mia speranza, così sono io la tua.
     - Adunque - diceva la donna - or mi bascia ben mille volte, a veder se tu di' vero. - Per la qual cosa l'amante, abbracciandola stretta, non che mille, ma più di centomilia la basciava.
     E poi che in cotale ragionamento stati furono alquanto, disse la donna: - Deh! leviamci un poco, e andiamo a vedere se 'l fuoco è punto spento nel quale questo mio novello amante tutto il dì mi scrivea che ardeva.


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